Lo ribadisco: io rifiuto di schierarmi. Rifiuto senza fatica per la stragrande maggioranza delle volte, visto che i torti degli altri balzano all’occhio. Rifiuto, con fatica, a maggior ragione, se mi pare abbiano ragione.

Rifiutare di schierarmi è il mio modo di controllare i miei eccessi, la mia arroganza, il mio delirio di onniscienza.

Scelgo di negarmi il diritto di sostenere le mie ragioni, opponendole ai torti, anche subiti, per evitare agli altri di subire a loro volta i miei soprusi, i miei pregiudizi. Lo so per certo, perché è già successo e succederebbe ancora: cambierò idea, cambierà il mondo. Le mie ragioni perderanno mordente, utilità, efficacia, superate dal tempo, da nuovi bisogni e nuove priorità.

Allora la mia coerenza diverrà integralismo, la mia determinazione tirannia e ingiustizia. Anche le mie migliori intenzioni diverranno i presupposti di una strategia, di sviluppo, magari, di evoluzione sociale, di pace, da conservare a scapito di qualche tendenza di rinnovamento che, anche giusta, minacciasse di travolgermi.

La Storia non è affatto lo scontro tra bene e male, come ormai sostengono solo gli attori di Hollywood, o tra tesi e antitesi. Essa è di fatto la storia dei sopravvissuti alle contrapposizioni, ai traumi causati dai contrasti, dopo che gli antagonisti si sono scannati abbastanza e non hanno più interesse e risorse per sentirsi contrapposti, anche se in cuor loro conservano la sensazione di esserlo, che morirà con loro.

Contro voglia, firmano, se ancora ne hanno la forza, armistizi e tregue, fondamento claudicante di una pace che presuppone che pace ce ne sia, anche se non c’è mai, basata sull’idea che ci si metterà sempre d’accordo per il bene comune, mentre ci si occupa male e senza competenza anche solo del proprio interesse. Questa è una pace che i più non hanno mai, che neppure volevano, mentre i non schierati avevano già e avrebbero avuto sempre, salvo inchinarsi come si conviene, a bandiere e maggioranze… pace e acidità di stomaco.

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