Padri e mantidi

 

Eppure, mi avevano messo in guardia…

Gli amici, i parenti, le persone che, pensavo, avessero maggiore esperienza, quasi unanimemente, tra sfottò e sorridenti “vedrai!”, mi parlavano di sonno perso, della perdita di identità e di potere decisionale.

Tutti sembravano d’accordo nel dire che il destino che mi ero scelto è, in fondo, una resa, un compromesso, che non c’è sempre gloria, nel sacrificio di sé, che c’è della pigrizia nella scelta di demandare ai figli la responsabilità di un destino che non avemmo avuto sufficiente determinazione o consapevolezza di realizzare.

Un poco, me lo potevo davvero aspettare.

Tutti mi mostravano, da un lato, esempi eclatanti di uomini gloriosi, gesta eroiche e imprese ardite, mentre, dalla mia parte, chiari indizi dell’esistenza di un altro padre qualunque, come di qualunque altro padre, nel silenzio, nell’anonimato, nella routine.

Già allora, anche senza credervi, dato che qualunque vigliacco può diventare il padre di un eroe, opponevo argomenti inappuntabili. “Si celebra la gloria degli eroi” dicevo, “negando ai loro padri la gloria di esserne artefici”.

Anche dopo tanti anni, penso ancora che celebrare il taglio di un traguardo, stabilendo con arbìtri e forzature che di traguardo si trattava, senza pensare ai singoli passi che furono necessari al percorso, senza pensare a ciò che avvenne prima e al perché avvenne, sia pure giusto ma tremendamente superficiale.

Certe persone sono terrorizzate dall’anonimato, dal poco impatto sugli altri del proprio apporto. L’oblio spaventa alcuni più della celebrità, anche quando quest’ultima mostri di frequente i suoi più terribili effetti collaterali. La celebrità, tuttavia, non è che il punto in cui l’oblio affiora; è fatto della stessa sostanza.

Alla fine, ho fatto tutto lo stesso, non per mancanza di fiducia… certo: immaginavo che quelle persone potessero ben esprimere qualcosa in più delle solite idee balzane degli amici del bar, delle classiche banalità del repertorio.

E tutto ho avuto… giorni, su giorni, uguali ai giorni precedenti; vecchiaia improvvisa, come dopo un sonno di anni, quella per cui ti sorprendi: “Possibile? Sono già arrivato qui?” e con essa, la perdita di vigore, di memoria, di occasioni.

Ho perso cose che non ero certo, allora, sarei stato disposto a perdere e, d’altra parte, ho avuto cose che non desideravo, che neppure pensavo di dover avere mai. Nel bene e nel male, dire che si trattasse sempre di scelte ponderate e delle loro conseguenze è una semplificazione brutale: molte, di quelle cose, le ho avute e basta… Molte, le ho perse e basta.

Se invecchi come invecchio io, perdi gradualmente il beneficio di ciò che fai. Non sei più, tu, il destinatario dei tuoi sforzi. Progressivamente, ciò che soddisfaceva le tue esigenze non riguarda più neppure una di esse, anzi: l’unica tua esigenza è il bene di chi ne beneficerà in futuro: i figli, la famiglia, gli altri. Conservare risorse per sé ha poi a che fare col sopravvivere a questo: dovessi vivere abbastanza da poter assistere al momento in cui il mio ruolo sarà esaurito, probabilmente, mi accorgerei di quanto sarebbe stato utile mantenermi in forma e avere ancora lumi per la canasta e brio per la passeggiata al parco.

Se invecchi come invecchio io, talvolta, sei in ansia perché sai che tutti i tuoi sforzi potrebbero non bastare; perché non puoi pensare a tutto neppure quando sei disposto a perdere tutto.

Certo, non tutti invecchiano come invecchio io… Non credo sia obbligatorio.

Condivido, con un certo divertito disincanto, un destino meno cruento, ma abbastanza affine a quello del maschio della mantide religiosa… Perché, anche se non sembra per niente un tipo sveglio, se non pare proprio una scelta ragionata, la sua, io credo che, in fondo, sappia bene quello che fa: dev’essere in qualche modo consolatoria la certezza che il proprio sacrificio sarà la migliore delle opzioni disponibili.

…E allora dovrei essere triste, di una vita nell’oblio, dell’anonimato, della somiglianza con certi insetti affatto repellenti, dovrei sentire che qualche nota stona, dovrei pentirmi, forse… e invece mi chiedo: come mai sono così felice?

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